Startup femminili che ridefiniscono il panorama tech

Startup femminili che ridefiniscono il panorama tech

Una nuova generazione di leader nel tech

Fino a pochi anni fa, il panorama delle start-up tecnologiche in Italia – e non solo – era dominato da fondatori maschi, spesso con percorsi simili: ingegneria informatica, MBA, accesso facilitato ai capitali. Oggi qualcosa sta cambiando. Sempre più donne stanno sfidando gli stereotipi di un settore storicamente maschile e stanno lanciando imprese innovative capaci non solo di competere, ma di ridefinire le regole del gioco.

Queste start-up femminili stanno emergendo con forza in ambiti come l’Intelligenza Artificiale, la Cybersecurity, la sostenibilità ambientale o la digital health, portando modelli imprenditoriali nuovi, più inclusivi, spesso trasversali e attenti all’impatto sociale.

Perché contano le start-up guidate da donne?

Secondo i dati di Crunchbase, solo il 2,3% dei finanziamenti globali nel venture capital nel 2023 è andato a start-up fondate esclusivamente da donne. Una statistica sconfortante, ma che evidenzia anche un’opportunità concreta: il potenziale di innovazione femminile resta largamente sottovalutato e, quindi, ancora tutto da scoprire.

In Italia, il PNRR ha previsto diverse misure per favorire l’imprenditoria femminile, soprattutto nei settori strategici. Oltre agli incentivi pubblici, stanno nascendo anche piattaforme di investimento e acceleratori dedicati (ne parleremo più avanti) che alimentano un ecosistema fertile per la crescita delle imprese “al femminile”.

Tre esempi concreti: quando la leadership femminile fa la differenza

Vediamo da vicino alcune start-up fondate (o co-fondate) da donne italiane che stanno innovando in modo tangibile.

1. ErgoTech: Intelligenza Artificiale e salute mentale

Fondata dalla psicologa e data scientist Chiara Martino, ErgoTech ha sviluppato una piattaforma che sfrutta modelli di intelligenza artificiale per analizzare il linguaggio scritto nei contesti aziendali, con l’obiettivo di anticipare fenomeni come burnout o stress cronico tra i dipendenti.

L’algoritmo si integra con strumenti come Slack o Teams e genera report periodici per i responsabili HR. L’adozione è già stata testata in aziende come Luxottica e una partnership è in corso con l’Università Bicocca per validarne i risultati clinici.

2. Re-Cycle: moda circolare made in Italy

Federica Tinacci, imprenditrice toscana con un background nel fashion management, ha fondato Re-Cycle nel 2021 con un obiettivo preciso: combattere lo spreco tessile attraverso una piattaforma che connette brand, artigiani e consumatori per il riuso creativo di abiti invenduti.

La start-up ha già collaborato con marchi come Benetton e Save The Duck, creando capsule collection da tessuti residuali. Il business model si basa su una logica di revenue sharing tra i diversi attori della filiera, dimostrando che sostenibilità e profitto possono coesistere.

3. SecureMe: cybersecurity accessibile per le PMI

In un’epoca in cui le minacce informatiche crescono, anche le micro e piccole imprese sono esposte. Anna Gentile ha fondato SecureMe dopo aver lavorato come ethical hacker per un centro di ricerca europeo. La piattaforma offre un sistema modulare di prevenzione informatica “plug&play”, pensato proprio per chi non può permettersi un CISO dedicato.

SecureMe ha appena chiuso un round seed da 1,5 milioni di euro guidato dal fondo francese Elaia Partners. Obiettivo: espandersi in altri Paesi UE entro il 2025 con una soluzione in white label rivolta anche alle agenzie digitali.

Dove nascono queste start-up? Trend territoriali interessanti

Contrariamente a quanto si possa pensare, l’innovazione tecnologica femminile non si concentra solo nelle grandi città come Milano o Roma. Stanno emergendo realtà solide e promettenti anche in territori meno battuti. Ecco alcuni dati e tendenze rilevanti:

  • Torino: grazie all’ecosistema universitario e all’incubatore del Politecnico (I3P), molte start-up femminili tech si stanno sviluppando nei settori dell’AI e dell’EdTech.
  • Bologna: centro nevralgico per il bio-tech e la digital health, anche grazie al network dell’Università e al Tecnopolo.
  • Sud Italia: in particolare, Puglia e Campania stanno offrendo incentivi locali e acceleratori verticali sul digitale femminile (es. “StartSud Women” a Bari).

Questa distribuzione variegata è un segnale positivo. Un ecosistema innovativo diversificato a livello geografico contribuisce a diminuire il divario territoriale e rende più accessibile l’innovazione.

Ostacoli ancora evidenti (ma superabili)

Pur con segnali incoraggianti, le difficoltà non mancano. Secondo il report “Women in Tech” redatto da PwC Italia nel 2023, i principali ostacoli che le imprenditrici tech devono affrontare sono:

  • Accesso al capitale: le fondatrici incontrano più difficoltà a ottenere seed funding, spesso a causa di bias inconsci nei processi di selezione dei VC.
  • Mancanza di role model: la mancanza di visibilità delle pioniere rende più difficile per le nuove generazioni immaginarsi nel settore.
  • Carico familiare: il disequilibrio nei compiti di cura familiare rimane un freno concreto all’ascesa imprenditoriale delle donne.

Serve un’azione sistemica, fatta di policy pubbliche, investimenti mirati, ma anche di storytelling efficace. Raccontare il successo delle start-up femminili non è solo buona comunicazione: è un atto strategico per ispirare altre donne a provarci.

Chi sta supportando le founder italiane?

Negli ultimi due anni sono nati diversi progetti interessanti a sostegno dell’imprenditoria tecnologica femminile. Ecco alcuni esempi significativi:

  • Milan Women in Tech: una community di oltre 3.000 professioniste tech che organizza eventi, mentorship e workshop.
  • SheTech: associazione non profit attiva in tutta Italia che promuove la formazione STEM per donne e ragazze. Collabora attivamente con acceleratori come LVenture o Nana Bianca.
  • WeGil Venture Camp: programma promosso dalla Regione Lazio dedicato al supporto di start-up innovative guidate da donne, con accesso a mentor e venture capitalist selezionati.

Queste iniziative mostrano come l’imprenditoria femminile non sia più un tema laterale. Sta diventando motore di rilancio economico e di diversificazione dell’ecosistema tech italiano.

L’inclusività come fattore competitivo

In un contesto in cui l’innovazione si misura sempre più sulla capacità di generare impatto e valore condiviso, le start-up femminili possono rappresentare un vantaggio strategico. Studi recenti evidenziano che team eterogenei performano meglio in termini di presa di decisione, capacità di innovare e resilienza.

Non è un caso che molti fondi d’investimento stiano adottando metriche ESG anche nella selezione delle start-up early stage. Le founder più attente non si limitano a lavorare su idee innovative. Stanno costruendo culture aziendali più sane, inclusive, sostenibili – spesso anticipate rispetto ai trend di mercato.

Guardando avanti

L’ecosistema tech italiano è ancora in divenire, ma il fermento è palpabile. Le start-up fondate da donne stanno dimostrando che l’ambizione imprenditoriale femminile non è una moda passeggera, ma una forza trasformativa concreta. Investirvi – con capitale, con visibilità, con fiducia – significa accendere un acceleratore di innovazione a beneficio dell’intera società.

Per dirla con le parole di Chiara Marzano, CTO di una fintech romana in crescita: “Non serve creare quote rosa. Serve creare spazio autentico. E poi lasciarci entrare.”